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 CHIESA E IDOLATRIA DEL MERCATO
Arturo Paoli
ROCCA(01-08-2005)

Fra cinquant'anni e forse anche meno, i ricercatori di documenti storici e gli appassionati di interrogare il passato si chiederanno come sia stato possibile che il popolo cristiano vivesse in modo così tranquillo e con tanta generale insensibilità sotto il dominio dell'idolatria di mercato. L'identificazione del mercato con un idolo con quattro quarti di nobiltà era ben nota, dimostrata da argomentazioni di studiosi e scrittori di vari paesi, anche se non interessati ad argomenti religiosi.
Basterebbe citare il laico italiano che si dichiara cattolico praticante - Petrella - che, con un certo umorismo, definisce il mercato come una analogia della Trinità, verità centrale dei cristiani. Il padre-mercato incarna le sue leggi e la sua esecuzione nel tempo nel figlio-impresa, e la pubblicità il vento che ne diffonde i prodotti, si potrebbe definire lo spirito. Il nome che gli antichi appiccicavano al diavolo di «scimmia di Dio» appare chiaro nella storia della globalizzazione.

Come fu possibile che teologi che vegliano giorno e notte perché sul volto solare di Dio non appaiano le macchie dell'errore fossero così ingenuamente coinvolti nell'idolatria? Eppure la bibbia riporta continuamente episodi di opposizione del Dio unico e vero contro l'idolo che contende con lui il dominio sul mondo. E l’idolo attuale è stato inequivocabilmente smascherato da Gesù: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro; non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). Tradurre mammona con “denaro” non è corretto perché il denaro può essere simbolo di giustizia e di libertà o di dominazione-schiavitù. Gesù parla dell'idolo che oggi è l'idolo economico o bancario. «E se tu scegli l'idolo diventi come l'idolo che ha volto oscuro, bocca muta, occhio spento, orecchio sordo, naso insensibile, mano chiusa, piede paralizzato, gola serrata e senza suono» (Sal. 115,4-8)[1] . Non vi meravigliate storici del 2050 che spero viviate in altra cultura e abbiate scelto un'altra linea di pensiero cioè che siate piuttosto interessati all'etica. Quando l'idolo si è insediato nel nostro occidente cristiano il pastore stava vigilando ad un'altra porta e forse oltre il tempo credendo che il lupo fosse ancora lì nel tentativo di entrare. E l'idolo si è insediato pacificamente dichiarando di non avere opinioni contrastanti, che la verità non era il suo problema. «Vengo in aiuto al pastore che usa ancora il suo vincastro inefficace e la sua voce troppo debole per raggiungere le pecore troppo lontane». Quella parte della società cristiana addetta alla vigilanza non si è accorta che il nemico era altro o altri seguaci di altro metodo ed è rimasta lì con le armi al piede. Secondo l’impianto dualistico della cultura greca, i movimenti di spiritualità non si sono accorti dell'idolatria; il loro indirizzo spirituale è così sciolto dalle briglie della vita reale, diretto a volare al trono di Dio e a conversare con Maria e con i santi, che non sono stati turbati minimamente da suoni di allarme che indicassero l'occupazione dell'idolo. Sulla terra tutto funziona con regolarità matematica.

La micidiale convivenza.
È inutile che voi storici del futuro cerchiate nelle regole, nei libri di spiritualità per laici, scritti dalla decade del Settanta all'epoca vostra: non ci troverete accenni all'idolatria. Così l'idolo convive pacificamente con la chiesa cattolica e con le sue succursali ed è sempre pronto ad offrire i suoi servizi creando l'illusione che la religione non è mai stata così fulgente e attraente come in questa epoca delle «passioni tristi». Lo Spirito Santo aveva annunziato alla cristianità due indicazioni di Gesù, il fondatore della chiesa: al centro è il regno di Dio e la chiesa è distinta ma non separata dal mondo, e voi che siete la chiesa in cammino siete sale, luce, lievito, chiari riferimenti a enti indispensabili quando si offrono fusi e dispersi in altre sostanze.
A questo punto vorrei proporre ai lettori una riflessione che mi sembra indispensabile. Le parole che ci trasmette il Libro sono parole morte come quelle di tutti i libri. Possono diventare vive e vitali se accolte «nello Spirito». Quante volte mi sono fermato su frasi e idee di poeti o filosofi o scrittori di altro genere sentendo sorgere in me sentimenti di gioia, di entusiasmo, e vedendo in una luce nuova idee e concetti che giacevano in me e che improvvisamente mi saltano davanti come delle forze sconosciute. Noi crediamo che le parole di Gesù sono state affidate da lui stesso allo Spirito santo. Insegnaci le cose che lui ha detto a noi, cantiamo spesso nella cappella di Spello. Certe parole hanno tale consonanza con i bisogni dell'umanità che illuminano gli eventi e le risposte che siamo chiamati a dare.
Trovo in un autore filosofo e psicanalista allo stesso tempo, questa intuizione che condivido: dopo varie osservazioni su problemi che si presentano in determinati momenti continua: «di qui la tendenza a considerare che per ogni epoca si possa isolare una problematica centrale, la mia ipotesi nasce proprio in contrapposizione a questo enunciato. Dal mio punto di vista è piuttosto ciascuna delle problematiche forti ad inaugurare un'epoca... è soltanto attraverso l'affermazione di un'esigenza che la situazione e le sue componenti compresi gli uomini in quanto suoi abitanti, pervengono all'esistenza. Non è dunque affatto frutto del caso che le persone all'interno di una data epoca si occupino in modo diverso della stessa cosa»
[2].  Questo è vero del regno di Dio a cui il tempo offre opportunità e opposizioni per il suo  divenire nel tempo. Il Figlio di Dio si è incarnato nel tempo per annunziare e creare il regno di Dio nella storia umana.

Della situazione il nuovo.
Questo regna ha una costante, un assoluto ed è l'evento della giustizia, della fraternità e della pace. E l'altra costante è a partire dai poveri, dagli esclusi, dalle vittime dell'ingiustizia. Ma se vogliamo che il regno di Dio entri nel tempo, sia efficace nella realtà umana è necessario scoprire il situazionale. Una persona al di fuori della vita di fede, anche se ci tiene a definirsi credente, all'affermazione che il Concilio ha illuminato il progetto regno di Dio come centro della parola e dell'opera di Gesù, potrebbe fare questa domanda: «e che c'è di nuovo? La chiesa non lo ha sempre annunziato? Non preghiamo da sempre “venga il tuo regno?”» A questa persona sfugge il senso stesso del mistero della fede che è vivo, presente e sempre nuovo per questa azione dello Spirito Santo che da vita alle parole che in sé sono morte. Il nuovo viene dalla situazione. Quando le idee eterne non scendono nella situazione è come il sale che resta nel barattolo o la luce che resta chiusa e non arriva a noi come è il caso delle stelle nere. Spesso si sente parlare del situazionale in opposizione alle verità assolute, eternamente quelle. Non è oggi evidente la loro sterilità quando restano in cielo come stelle fisse e non entrano nella realtà situazionale? E non è assolutamente fuori luogo pensare che proprio questi assoluti hanno servito da modello per l'apparizione degli idoli che hanno successivamente dominato l'occidente. Quando la vera democrazia sarà una realtà, e gli ultimi, quelli senza voce, potranno recuperare la parola che sarà ascoltata nell'agorà in mezzo al generale silenzio, allora l'idolo non avrà più base su cui ergersi minaccioso e lusingatore. E allora la verità sarà più vera.

Segni di resistenza.
Riflettendo su queste cose e chiedendo a Dio la chiesa adatta al tempo, sono cadute sotto i miei occhi queste parole splendenti di luce in uno dei testi lasciati dal monaco trappista francese sgozzato nel suo monastero fra l’Algeria e il Marocco: «la chiesa nel mondo: il suo centro di gravità è nella relazione di Dio con il mondo; relazione di cui essa è serva e ministra (Gv 3,16). La sua immagine specifica è nell'atto mediante il quale accompagna il pellegrinare di Dio verso i popoli del mondo» (C. de Chergé). E in questo incontro lo Spirito di Dio agisce formando il regno.
Cari storici del 2050, volete la mia opinione sul vostro dubbio: perché la chiesa non si è accorta di essere in terra di esilio dominata dall'idolo? Perché l'ultimo idolo si è presentato disarmato, sotto la pelle dell'agnello, si è messo nel gregge non per disperderlo lontano dai pascoli ma con il progetto di ingrassarlo con alimenti metabolizzati, perché il pastore non si accorgesse della loro provenienza, del loro enorme costo di vite umane, perché gli alimenti venivano estratti dagli unici portatori di vita, di quella vita che va difesa dovunque in qualunque volto risplenda.
Ma cercate ancora storici del 2050, voi troverete dei segni di resistenza che hanno preparato la vostra epoca. Da parte mia - conclude il libro citato - «ritengo che si tratta di assumere concretamente la resistenza/costruzione, che passa dallo sviluppo di una miriade di rapporti non utilitaristici con gli altri, con il mondo e con noi stessi. Se i grandi appaiono seri, la serietà in questo caso è quella degli amanti della morte. Contrapponiamo a questa con mille feste libertarie la vera serietà, quella del pensiero, della solidarietà, della creazione. Oggi non vi è nulla di più serio che costruire le mille vie sovversive di resistenza alla follia utilitaristica del neoliberismo che distrugge la vita e la libertà».

Il nuovo ethos.
Mentre l'Europa produce un catechismo che vuol giungere a tutte le mani collocandosi tra gli oggetti che gridano al consumatore che si aggira nei supermercati, spinti dal folle delirio di lasciarsi sedurre perdendo la fatica di essere liberi, dall'America Latina giunge un documento delle comunità di base che rinascono, un episodio di quella resistenza: «l’incontro manifesta la motivazione e l'interesse dei popoli dell'America Latina sulla inter-relazione della spiritualità e la dimensione politica della fede. Si vede chiaro che una spiritualità liberatrice contiene i grandi sentimenti di amore che dalla scelta dei poveri vuole giungere all'amore universale dell'umanità. Questa fede nel vangelo di Gesù che ci porta a questa spiritualità, esige da noi un impegno per la trasformazione politica, economica, culturale del nostro popolo. Ci impegniamo a continuare costruendo una teologia della dignità, legato storico affidateci dalla teologia della liberazione sulla base dell'etica e della spiritualità che deve accompagnare i processi di liberazione latino-americani». Il documento firmato a Caracas il 25 giugno 2005 è uno degli avvenimenti che lacera il grigiore dell'idolatria e ci rassicura che la teologia della liberazione è viva e vitale. Come poteva morire se nasceva nella luce dello Spirito come nuovo ethos della sequela di Gesù e della chiesa?

 


 

[1] Silvano Fausti, Una comunità legge il vangelo di Matteo, edizioni EDB, Bologna.
[2] Benasayag Miguel, Il mito dell'individualismo, MC Editrice, Milano 2002.