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Rode. Una
ragazzina alla porta
don Augusto Fontana
(Atti 12, 5-17)
Il
testo
<<Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera
saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando
poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da
due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla
porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un
angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco
di Pietro, lo destò e disse: <Alzati, in fretta!>. E le catene gli
caddero dalle mani. E l'angelo a lui: <Mettiti la cintura e legati i
sandali>. E così fece. L'angelo disse: <Avvolgiti il mantello, e
seguimi!>. Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto
che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva
infatti di avere una visione. Essi oltrepassarono la prima guardia e la
seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si
aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto
l'angelo si dileguò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: <Ora
sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha
strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei
Giudei>. Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di
Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone
raccolte in preghiera. Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla
di nome Rode si avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di
Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori
c'era Pietro. <Tu vaneggi!> le dissero. Ma essa insisteva che la cosa
stava così. E quelli dicevano: <E` l'angelo di Pietro>. Questi
intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro,
rimasero stupefatti. Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò
come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: <Riferite
questo a Giacomo e ai fratelli>. Poi uscì e s'incamminò verso un altro
luogo>>.
Per
approfondire
•
Il contesto. Siamo nel 41 d.C.
prima della festa di Pasqua di quell’anno. La liberazione di Pietro
interessa al narratore Luca in
quanto è servita al mantenimento e alla diffusione della Chiesa «che -
come dice S.Giovanni Crisostomo
nel “Discorso prima del suo
esilio” - Dio ama più
del cielo: egli certo non ha assunto un corpo celestiale, ma il corpo della
chiesa; è il cielo ad esistere per la chiesa e non la chiesa per il cielo».
Noi leggiamo la vicenda di Pietro e di conseguenza la vicenda della
ragazzina Rode e degli altri membri della comunità, all’interno di questo
primario interesse del narratore. Rode e i
fratelli riuniti in casa
di Maria vengono introdotti nel racconto
come testimoni di un intervento
di Dio veramente avvenuto sulla vita di Pietro e della Chiesa affinchè
il successivo congedo di Pietro da Gerusalemme non venga visto come
una fuga arbitraria e paurosa, ma come un allontanamento avvenuto per volontà
del Signore e di cui occorre lodare Dio. Sembra che
vada a vuoto un primo tentativo di Pietro di spiegarsi: questo è
rappresentato dal fatto che Pietro bussa alla porta, ma la comunità gli
frappone indifferenza, scetticismo e scherno. E’ qui che si inserisce
Rode, una ragazzina che Luca introduce con umorismo per descrivere le tappe
del lento cammino della
comunità.
•
Le porte. Pare
che nel Libro degli Atti degli apostoli, oltre alla strada anche “le
porte” costituiscano un “luogo teologico”. Porte che si aprono e che
si chiudono. Porte che si spalancano senza dover bussare, porte vigilanti al
tocco di un bussare. Porte in ferro di carceri e porte familiari di
accoglienza. Nel nostro brano le
due porte sono a confronto e ciascuna ha
una sentinella. In carcere è
Dio che apre la porta di libertà, nella
chiesa è Rode.
•
Una preghiera fortunatamente distratta. Una comunità è in
preghiera, ma insegue talmente i propri progetti e le proprie paure che non
si accorge di un bussare, anzi abbozza uno scherno per questa
ragazzina forse un po’ distratta nella preghiera, ma aperta a ciò
che accade “fuori”. Rode torna nel silenzio, come dal silenzio era
venuta. Non si parlerà mai più di lei. Ma il suo servizio stimola ad
ascoltare il bussare continuo di chi fugge dal carcere e da chi vi è stato
liberato. Essa permette che chi è
stato oggetto di catene e di liberazione possa annunciare nella comunità le
grandi opere del Signore.
Il
libro della vita
Riusciamo ad educarci insieme al discernimento nello Spirito dei fatti della
cronaca locale e non, per prendere le misure convenienti e rispondere
evangelicamente? Che cosa ritarda,
nelle nostre comunità, la capacità reciproca di correzione fraterna e di
coscienza critica?
Per
continuare la ricerca
Scrive E. Bianchi, priore del monastero di Bose: «I cristiani continuano ad
essere molto impegnati, ma ci si può interrogare su questa stagione per
alcuni tranquilla, per altri stagnante. Nella vita ecclesiale si sono
moltiplicati gli incontri, a volte con dimensioni oceaniche, ma si sono
rarefatti i dibattiti. Va riconosciuto che il clima surriscaldato segnato
dalla conflittualità tra gerarchia e fedeli non esiste più, ma ad esso è
subentrata non una comunionalità più profonda e praticata nel vissuto
quotidiano, bensì un appiattimento, una stanchezza che forse lascia spazio alla tentazione della non
responsabilità da parte di tutti i battezzati. Sembra quasi che, essendosi
logorata per abuso la passione per il confronto, oggi nella chiesa i canali
di comunicazione siano intasati. Nella piena consapevolezza che sul
cristiano non può regnare la paura nè la passività perchè l’unica
sudditanza è quella al suo Signore, andrebbe recuperata quella franchezza a
audacia di parola che animava i rapporti tra i primi discepoli del Signore.
La chiesa non ha nulla da perdere, ma tutto da guadagnare, se riesce a
mostrare che la presa della parola nella sua vita, prima di essere un
rischio è anzitutto una responsabilità. Non abbiamo dunque bisogno di voci
uniformi, nè di cristiani passivi e muti nè di adulatori dell’ambiente
ecclesiastico». (E.Bianchi “Da forestiero”, PIEMME, pagg. 125-128).
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