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IL PANE E' LIBERTA' E LA LIBERTA' E' PANE[1]

Per una storia ragionata (e non aggiornata)del primo maggio.

Don Augusto Fontana

 " Tutta la storia del nostro paese, dall'800 in avanti, ma particolarmente negli ultimi 34-40 anni è la storia di una inadeguata soluzione data ai problemi del lavoro"( S. Zaninelli, Ordinario di Storia economica dell'Università Cattolica di Milano).Si può verificare la verità di questa denuncia ripercorrendo la storia della festa del primo maggio e ricercando in essa le nostre radici, il senso del nostro lavorare e militare oggi. Il primo maggio, dal 1886 ad oggi, denuncia che la storia non la fanno solo i grandi personaggi, ma la folla anonima e organizzata dei lavoratori che hanno regalato a noi, a prezzo di morte e prigionia, brandelli di giustizia e spezzoni di vita vivibile.
Le origini di questa giornata di lotta e di festa sono legate alle rivendicazioni del 1886 negli Stati Uniti per la riduzione del tempo di lavoro a 8 ore quotidiane. Sabato primo maggio 1886 i lavoratori di Chicago chiedono, con uno sciopero e una manifestazione, la riduzione dell'orario di lavoro. Albert R.Parsons e August Spies sono i maggiori protagonisti delle agitazioni. Le lotte operaie continuano davanti alle fabbriche il lunedì successivo. Ma in quella occasione la polizia spara alla cieca. Rimangono a terra un morto e sette feriti.
La polizia sollecitata dalla stampa padronale, si affrettò a riempire le carceri di "sospetti" e la macchina giudiziaria si dimostrò sollecita a dare dimostrativa punizione ai sovversivi rinviando a giudizio otto persone. In quattro mesi il processo tirò le sue conclusioni condannando all'impiccagione Parsons, Spies, Fisher ed Engel che furono assassinati nel carcere di Chicago l'11 novembre 1887.
Le dichiarazioni rese dagli imputati durante il processo furono altrettanti atti di accusa contro il sistema di sfruttamento capitalistico e la giustizia di classe che lo tutelava.
Parsons aprì la sua dichiarazione con questi versi:
"Spezza il tuo bisogno e la tua paura di essere schiavo. Il pane è libertà e la libertà è pane".
Spies disse al giudice: "Se impiccandoci pensate di annientare il movimento dei lavoratori, allora impiccateci. Qui calpesterete una scintilla, ma là dietro e di fronte a voi, dovunque le fiamme divamperanno. E' un fuoco sotterraneo, non potrete spegnerlo". Prima di essere impiccato potè gridare: "
Verrà un giorno in cui il nostro silenzio sarà più potente delle nostre voci che sono state strangolate".
Dopo sei anni la revisione del processo annullò la sentenza ma ormai il sangue dei martiri di Chicago aveva incominciato a dare i suoi frutti. Il Congresso Socialista internazionale riunito a Parigi nel 1889 decise che in tutti i paesi si organizzasse per il primo maggio 189o una manifestazione simultanea di tutti i lavoratori. Le manifestazioni che si svolsero in Germania e Gran Bretagna furono le più importanti per la presenza di un proletariato forte e organizzato. In Italia il filosofo marxista Antonio Labriola fu il promotore e instancabile organizzatore di questa prima manifestazione.
Ovunque però la polizia, i governi e la stampa padronale vissero come minaccia e pericolo pubblico questa improvvisa impennata del proletariato. Arresti, scontri, bombe e feriti furono i primi segnali di una reazione che andò crescendo negli anni, ma anche i sintomi di una lunga gestazione e di una dolorosa nascita dell'organizzazione di classe del proletariato mondiale.
La manifestazione del primo maggio prevista inizialmente solo per il 1890 fu resa permanente dal secondo Congresso dell'Internazionale socialista riunita a Bruxelles nel 1891 con questa motivazione: "
Festa dei lavoratori di tutti i paesi, nella quale devono manifestare la comunanza delle loro rivendicazioni e della loro solidarietà".

 DIRITTI SOCIALI.
Rileggendo volantini, manifesti e stampa ritroviamo anzitutto le grandi e tradizionali rivendicazioni operaie.
Engels scriveva: " I lavoratori scendano in piazza con ordine e disciplina per chiedere che le ore di lavoro siano ridotte se necessario anche al di sotto delle 8 ore in modo che ci sia lavoro per tutti".
Il Partito operaio ungherese scriveva: "Con la giornata di 8 ore le vostre forze saranno risparmiate...Avrete 8 ore per il sonno e 8 ore per istruirvi, svilupparvi e godere della vita; i cervelli diventeranno politicamente più capaci e indipendenti...l'operaio cessa di essere semplice strumento di lavoro per cominciare a diventare uomo".
Nel 1910 viene chiesta l'introduzione della PENSIONE DI VECCHIAIA.
Nel 1920 i lavoratori sono invitati a "crearsi gli organi adatti per la gestione dell'azienda e per il controllo della produzione".
Nel 1945 si lotta "per arrivare ad un adeguamento dei salari al costo reale della vita ed eliminare la piaga del mercato nero".
Nel 1955 il Primo maggio assume un carattere di prima giornata di manifestazione "per la difesa dei diritti democratici dei lavoratori nelle aziende...senza i quali tutte le conquiste sindacali possono essere annientate". Poi si chiedono:"collocamento imparziale...pensione sufficiente...estensione della Previdenza sociale ai lavoratori agricoli".
Nel 1957 si chiede "una più equa ripartizione dei redditi aziendali".
Nel 1963 si lotta per una "parità salariale per giovani e donne, per una ulteriore riduzione dell'orario di lavoro,per una difesa delle libertà sindacali...per una casa intesa come modo di vivere civile, per un addestramento professionale,per una programmazione economica e un decentramento amministrativo e politico delle strutture dello Stato".
Nel 1969 il centro delle rivendicazioni consiste nella "difesa della salute, riforma della sanità e trasformazione della scuola".

 LA PACE
Alla vigilia della prima guerra mondiale inizia una serie di motivazioni con cui i lavoratori legano la festa del primo maggio alla pace e al disarmo come elementi indispensabili di un "rinnovamento economico e civile" e di una "fraternità universale". A Milano nel 1898 già si diceva : "il paese manca di lavoro perchè il militarismo, a servizio di alleanze cui il popolo è estraneo, prosciuga tutte le fonti di produzione". Ma soprattutto nel 1915 i lavoratori manifestano per conseguire una pace durevole nel rispetto delle nazionalità chiedendo "un arbitrato internazionale e la soppressione degli armamenti". Dal 1935 al 1939 il primo maggio diventa il tentativo di creare "un grande fronte mondiale della pace". Ma anche a guerra finita negli anni 1955, 1957,1963 i lavoratori manifestano per la distruzione delle armi atomiche, la cessazione immediata degli esperimenti termo-nucleari.

 ANTIFASCISMO
Alla vigilia del primo maggio 1919 si registra, con 4 morti e 35 feriti, la prima impresa squadristica del nuovo movimento creato da Mussolini. Con il primo maggio di quell'anno inizia una lunga serie di celebrazioni e lotte antifasciste ancora oggi così urgenti. Forse mai come durante il ventennio fascista, la festa del lavoro in Italia assume il suo autentico significato politico oltre che rivendicativo. Dal 1927 il primo maggio,celebrato nella clandestinità a causa del Codice Rocco, rappresenta un punto di riferimento per tutte le forze democratiche, socialiste e cattoliche per ritrovare l'unità di lotta.

 SOLIDARIETA' INTERNAZIONALE
La festa del lavoro fu spesso occasione di coscientizzazione sui grandi movimenti internazionali e motivo di solidarietà con i popoli oppressi e le loro lotte. Nel 1957 i lavoratori " esprimono la loro piena solidarietà al il popolo giordano, al popolo algerino e a tutti i popoli oppressi dal colonialismo".
Nel 1963 si denunciava il neo-colonialismo e nel 1969 i lavoratori "chiedono la fine dell'aggressione contro l'eroico popolo del Vietnam, la lotta ai regimi fascisti di Spagna, Grecia e Portogallo, lo spegnimento dei focolai di guerra nel Medio Oriente ed il rispetto della sovranità nazionale di ogni paese".
Nel 1974 la festa del lavoro è quasi giornata di lutto perchè il popolo cileno non può celebrare il suo primo maggio. Lenin stesso aveva scritto "Abbasso l'inimicizia tra gli operai di nazionalità e religioni diverse...L'ebreo e il cristiano...il polacco e il russo... tutti gli operai sono fratelli e la loro salda unità è la sola garanzia del benessere e della felicità".

 CHIESA E PRIMO MAGGIO
La Chiesa del popolo è stata spesso in piazza con lavoratori di fede politica diversa e ha dato il suo contributo di sangue e di persecuzione. Invece i pastori delle comunità seguirono il comune sospetto di chi, fin dal 1890, considerava la festa del primo maggio come un peccato contro lo Spirito Santo a causa delle sue origini marxiste. La pubblicazione della "Rerum Novarum" di Leone XIII (15/5/1891) è in un certo senso collegata al primo maggio.
La fondazione della Seconda Internazionale del 1889, il successo della festa del primo maggio 1890, il distacco della classe operaia dal magistero della Chiesa per aderire agli ideali del socialismo, avevano allarmato la gerarchia ecclesiastica. La questione operaia viene dichiarata "difficile e pericolosa"; la soluzione socialista viene condannata perchè sovvertitrice dell'ordine sociale, lo sciopero è condannato come "sconcio grave" perchè risulta impossibile togliere dal mondo le disparità sociali.

Tuttavia vengono fatti propri i motivi della campagna per la riduzione dell'orario di lavoro. L'Enciclica dà un impulso positivo per promuovere l'organizzazione del movimento operaio cattolico, ma per sottrarlo all'influsso socialista, crea germi di divisione.

Nel 1908 il primo maggio non è più solo festa socialista e viene celebrato in molte località anche da lavoratori cattolici che hanno creato organizzazioni sindacali combattive. La manifestazione più importante è quella che si svolge a Soresina e tra gli oratori sono presenti 3 preti: Don Sturzo, Don Fino e Don Dubini. Il parroco Don Olzi alla fine benedice i manifestanti augurando "avanti con serenità!". Nel 1948 Papa Pacelli prende apertamente posizione a favore della NATO come difesa "contro le trame del nemico infernale il cui programma è odiare Dio e rovinare l'uomo" sostenendo che è in atto " una congiura contro il Signore da parte della contagiosa pestilenza dell'ateismo". Queste dichiarazioni sono la premessa per la dolorosa scomunica dei comunisti nel 1949. Nel 1955 in coincidenza con il primo maggio si concentrano centomila lavoratori cattolici che ricevono la benedizione del Papa il quale dedica il  primo maggio a S. Giuseppe falegname, trasformando il primo maggio in festa del lavoro cristiano.
Un articolo del "Popolo", organo della DC, in data 1/5/45 può rappresentare il tentativo di recuperare una sintesi tra la sensibilità del mondo cattolico e il lungo cammino socialista del primo maggio: "La nostra è stata una lotta perchè non venisse perduta la dignità di persona e il nostro lavoro non si riducesse ad una pena funesta...La festa del primo maggio i lavoratori la celebrano uniti perchè la loro fatica li rende fratelli e li spinge ad un reciproco contributo di fiducia e conoscenza...E' una festa del lavoro come festa dell'uomo in quanto il lavoro rappresenta l'essenziale dignità della persona, il naturale strumento perchè dia prova della sua volontà e della sua intelligenza. Sulla scala dei doveri il lavoro occupa il ruolo più alto, ruolo che si traduce addirittura in diritto. Simile festa assurge ad una commemorazione di solidarietà. L'uomo nel lavoro non può palesarsi come rinchiuso in se stesso, ma come persona che ha costante bisogno degli altri, di conoscere coloro che gli vivono a fianco, di attuare una difesa in comune ed unirsi nell'eperare e nell'organizzarsi. Pertanto la festa del primo maggio a noi sembra che sia proprio la festa di questo lavoro organizzato...vivente espressione dell'uomo e della sua incessante vocazione di giustizia ".
Spetterà alla Enciclica "Mater et Magistra" di Giovanni XXIII (1961), alla "Populorum progressio" di Paolo VI (1967) e alla "Laborem exercens" di Giovanni Paolo II far maturare in pienezza la posizione del mondo cattolico di fronte ai problemi internazionali del lavoro. La recente Enciclica del Papa, il ravvicinamento tra l'Episcopato italiano e ACLI, la solidarietà di molti vescovi ai lavoratori di fabbriche in crisi, il dialogo stretto tra vescovi e preti operai francesi possono essere alcuni segni di una rinnovata volontà di comunione con i lavoratori.

IL PRIMO MAGGIO DI OGGI
E' utile riascoltare quanto diceva Engels nel 1890: "I pochi diritti che abbiamo li abbiamo ottenuti grazie al coraggio e non alla vigliaccheria dei nostri padri. Anche noi abbiamo un dovere da compiere verso i nostri figli". Oggi, come si diceva nell'appello del 1948 si tratta di "combattere ancora affinchè le libertà politiche assicurate da un regime democratico siano completate e rese effettive dalla totale liberazione del lavoro da ogni sfruttamento di classe".
" Ogni primo maggio- come disse Di Vittorio nel 1957 - acquista il carattere vivente che gli conferiscono l'evoluzione della situazione nazionale ed internazionale". Il primo maggio ha rischiato sempre di rivelarsi celebrazione vacanziera non degna del coraggio "dei nostri padri". G. Sotgiu nel 1917 se la prendeva con chi del primo maggio faceva "una corsa affannosa dalla casa alla bettola, da una piazza ad un caffè...Questi lavoratori che preferiscono la bettola alla riunione per la loro emancipazione, dimostrano quasi di essere degni dell'attuale sfruttamento capitalista".
I problemi che stiamo per elencare dimostrano che non sia ancora tempo di "andare in vacanza" ma di ritrovare una rinnovata mobilitazione ed incisività per continuare la fedeltà al passato storico del primo maggio rinnovandone il suo contenuto adeguato ai nuovi compiti storici che ci attendono.
In questi ultimi anni i sindacati hanno inoltrato richieste a livello internazionale per "un cambiamento e una inversione di politica economica globale". La segreteria della Federazione CGIL, CISL e UIL ha espresso nel 1979 un giudizio positivo sulle conclusioni del Congresso di Monaco della Confederazione Europea del Sindacato. Si è aperta infatti, di fronte ai caratteri assunti dalla crisi economica, una fase nuova del sindacalismo europeo. Questa fase è contassegnata dalla consapevolezza che , per bloccare e respingere il tentativo padronale di intaccare e ridimensionare il potere e il ruolo della classe operaia e del sindacato, occorre, nei singoli paesi e a livello europeo, avanzare obiettivi di modifica profonda delle strutture economiche e sociali e sostenerli con l'azione e la lotta crescente dei lavoratori.
Nel 1981 si sono riuniti ad Ottawa in Canada i big dei 7 paesi più industrializzati del mondo capitalistico (USA, Giappone, Canada, Italia, Francia, Germania Fed., Gran Bretagna). In coincidenza anche i sindacati di questi paesi si sono trovati per presentare le loro rivendicazioni:

  1-Le politiche antinflazionaistiche non possono e non debbono contraddire l'obiettivo prioritario del mondo del lavoro che è quello del AUMENTO DELL'OCCUPAZIONE.

 2-La richiesta ai paesi industrializzati di aprirsi finalmente alla grande prospettiva dell'instaurazione di un NUOVO ORDINE ECONOMICO INTERNAZIONALE.

 La conferenza dell'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) tenuta nel 1981 a Ginevra, si è chiusa con alcune risoluzioni di grande rilevanza politica: continuare ad affrontare la crisi economica come un semplice problema di redistribuzione del reddito fra salari e profitti all'interno dell'area industrializzata significherebbe mettersi in una situazione pericolosa. Significherebbe AGGRAVARE DELIBERATAMENTE IL CONFLITTO SOCIALE INTERNO nel tentativo di imporre una subordinazione della classe operaia e AGGRAVARE IL CONFLITTO CON I PAESI IN VIA DI SVILUPPO nel tentativo di condannare questi paesi ad una nuova dipendenza. L'alternativa è data dalla costruzione di un nuovo ordine internazionale, attraverso la TRASFORMAZIONE DELLE STRUTTURE CHE CONTROLLANO I RAPPORTI ECONOMICI E FINANZIARI INTERNAZIONALI, al fine di realizzare una crescita più rapida e soprattutto una distribuzione più equa delle forze produttive nel mondo. Vanno in questo senso la Conferenza Sindacale Mondiale sullo Sviluppo tenuta a Belgrado e le iniziative legate al Rapporto Brandt a cominciare dalla Conferenza di Cancun. La questio della libertà sindacale riproposta dagli eventi polacchi è stata al centro della Conferenza. I dirigenti sindacali in esilio, da quelli dell'Uruguay a quelli turchi, hanno ricordato la repressione in atto nei loro paesi. In particolare la Conferenza si è occupata dell'Africa del Sud e della Palestina. Il Consiglio di amministrazione è stato invitato ad aumentare l'attività formativa e l'assistenza tecnica ai Movimenti di liberazione, ai lavoratori neri e ai loro sindacati indipendenti dell'Africa del Sud. SI PREVEDE L'ISTITUZIONE DI UN FONDO DI SOLIDARIETA' alimentato dai contributi volontari, ma regolari degli Stati membri e delle Organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
Tutto questo sembra un'utopia. Ad un capitalismo cher, oggi più che mai, non è provinciale ma internazionale, si deve contrapporre una CLASSE OPERAIA INTERNAZIONALE CHE NON RAGIONI PIU' IN TERMINI DI RIVENDICAZIONI CORPORATIVE NAZIONALI,MA DIVENTI SOGGETTO STORICO DI GRANDI MUTAMENTI INTERNAZIONALI.
Forse il sindacato si trova di fronte ad un compito storico che in parte è fedele agli impegnie lotte del passato e in parte deve essere creatore ed inventore di nuove forme di controinformazione e coscientizzazione presso la base operaia.
Il primo passo da fare oggi è, forse, uscire dal nostro razzismo.

 NAZIONALISMO E NEO-RAZZISMO
"Auslander raus" ("Straniero fuori!).
La scritta si distendeva  su un muro di Essen in Germania. Il pennello razzista si ripeteva in Svezia, Olanda, Belgio, Francia, Svizzera. In questi paesi sembra che il nemico da battere non sia più il modello di sviluppo inceppato o la logica del profitto, ma la massa degli stranieri che, tra l'altro, hanno arricchito il paese ospite facendo lavori che nessun nazionale vuole più fare e contribuendo, con i loro salari da fame, a tenere basso il costo del lavoro.
E pensare che, come dichiare il Prof. Castro Almeida dirigente dell'Ufficio Internazionale del Lavoro
"la presenza di questi giovani giovani in Europa è anche una ricchezza morale e culturale. Essi possono anche diventare il ponte per un autentico concreto dialogo fra Sud e Nord dell'Europa e del mondo".
Noi italiani siamo vittime e carnefici di questo razzismo delle coscienze e del mercato del lavoro. Protestiamo quando ci dichiarano di essere ospiti indesiderati e poi facciamo pagare agli stranieri che vivono con noi gli stessi alti costi di sfruttamento e di espulsione.
I sindacati italiani nel 76-78 hanno posto il problema del trattamento e difesa dei 600-700 mila lavoratori stranieri in Italia. Il raket padronale di manodopera straniera va di pari passo con una repressione poliziesca governativa e con una indifferenza o palese razzismo da parte di settori della base operaia non coscientizzata. Il sindacato propone invece alcuni obiettivi positivi:

1- Portare a termine l'indagine sulle dimensioni e i problemi di questi lavoratori.
2- Proporre una legge per la parità di trattamento.
3- Concludere accordi bilaterali con i paesi di provenienza per una collaborazione economica e commerciale.
4- Intensificare la difesa sindacale degli immigrati stranieri in Italia organizzandoli nelle strutture sindacali della Federazione Unitaria.
5- Sviluppare la collaborazione delle regioni per controllare a livello locale il mercato del lavoro e tutelare e soddisfare le esigenze economiche, culturali e sociali di  questi lavoratori.

 Anche la Chiesa italiana si è mossa su questo settore. Mons. Manfredini, Vescovo di Piacenza ha dichiarato: "C'è un terzo mondo a casa nostra del quale non ci accorgiamo". E' un "popolo sommerso" fatto di braccianti negli agrumeti di Trapani, camionisti nell'Alto Adige, pescatori di Mazara del Vallo, raccoglitori di cocomere a Latina, lavoratori nelle fonderie e nelle ceramiche emiliane, lavapiatti nelle riviere e domestiche nelle grandi città. Sempre ultimi nelle liste di collocamento, in difficoltà per reperire alloggi e vittime di affittacamere abusivi con condizioni igieniche proibitive, celibi al 73% dei casi.
Ma noi italiani non brilliamo solo per questo razzismo legalizzato da una legge del periodo fascista ed avvallato da una sottocultura popolare; siamo anche un paese sfruttatore.
In un documento distribuito a S. Paulo del Brasile durante una visita del Papa, gli operai della FIAT denunciano la multinazionale Fiat Italiana per lo sfruttamento salariale e la repressione. L'operaio è pagato 4-5 volte meno che in Italia nonostante che il ritmo di lavoro e la produttività sia una volta e mezzo superiore a quella dell'operaio italiano con 48 ore settimanali di lavoro più gli strordinari. Il posto di lavoro è insalubre e ogni reclamo merita il licenziamento. Le fondamentali libertà di associazione sindacale sono represse con licenziamento in occasione di sciopero, con liste nere degli attivsti, con interventi militari durante le rivendicazioni e con agenti segreti e infiltrati. Contro questa esportazione italiana dello sfruttamento poco si è fatto.
Alberto Tridente, dell'Ufficio Internazionale FLM dichiara che "non abbiamo nè iniziative nè un serio lavoro preliminare che possano farci pensare ad eventuali risultati almeno nel medio periodo". Neppure i sindacati britannici, tedeschi e francesi sono mai riusciti ad organizzare un'azione stabile con i compagni esteri. In Italia si è cercato di far entrare un coordinamento di questo tipo nella piattaforma del 1977 ma è stato il primo punto ad essere cancellato durante le trattative con il padronato.

 CRISI DEL LAVORO
Nella più pura tradizione della storia del primo maggio il grande internazionalismo operaio non contraddice una mobilitazione e un'analisi sui gravi problemi del mercato del lavoro interni al nostro paese.
Che cosa sta succedendo nella società italiana?
Innanzitutto dobbiamo riconoscere che dalla seconda metà degli anni 70 si sono accentuati importanti mutamenti nella composizione delle classi sociali e " l'operaio massa" ha perso terreno nel suo ruolo di soggetto storico trainante del cambiamento.
Il sindacato e tutti i militanti attenti alle strategie economiche, sociali e di lotta, oggi devono fare i conti con questa nuova realtà. In particolare si notano queste nuove tendenze: 

1- Lo sviluppo dell'informatica avvia profonde modifiche nella forza-lavoro con la crescita degli impiegati rispetto agli operai.Il terziario occuperà presto l'85% delle forze lavorative.
2- Nel terziario crescono mille professioni
e specializzazioni che faranno venir meno il concetto puro di "classe" e di egualitarismo (uno degli obiettivi più unificanti del sindacato anni 70).
3- Cresce l'occupazione nelle fabbriche a dimensioni minori.
4- Il tessuto unitario costruito dal sindacato si lacera in corporativismi.
I Consigli di fabbrica non hanno più la capacità di rappresentare effettivamente tutti i lavoratori della fabbrica.La democrazia interna al sindacato è un problema irrisolto, nonostante i tentativi di esportare in periferia programmi e decisioni dopo la diminuita autonomia dai partiti.
5-
I "cassa-integrati" sono ormai un esercito facilmente manovrabile dalla crisi e difficilmente inquadrabile in una delle classiche liste di soggetti storici.
6- La manodopera femminile è una variabile di comodo
della crisi e ad essa è affidato il ruolo di volano per assorbire accelerate o frenate del mercato-lavoro.
7-
Cresce il divario nel rapporto tra forza-lavoro attiva e pensionati per cui tra breve una esigua popolazione attiva dovrà pagare alti costi per la sopravvivenza dignitosa dei suoi anziani.

 La crisi del sindacato negli anni '50 lo portò a trasformazioni rivendicative ma soprattutto culturali di grande portata. Oggi la cultura sindacale è attrezzata per affrontare questi nuovi mutamenti e crisi?
Come si concilieranno le due anime del sindacato rappresentante della "cultura di lotta" e della "cultura della compatibilità"? Come non isolare e non abbandonare il nucleo più combattivo della classe operaia (che ancora ci ricorda l'efficace riuscita del "sindacato dei Consigli") chiudendolo dentro forme sterili di massimalismo ed estremismo? Come ricucire la lacerazione tra sindacato e operai, spia di un distacco più generale tra i vertici politici e base operaia?
C'è però un altro elemento da considerare. Il lavoro oggi entra in crisi non solo per la disoccupazione e la cassa integrazione, ma è in crisi il concetto stesso di lavoro e professionalità. Il 1° Congresso del MEIC (Movimento ecclesiale di impegno culturale) celebrato a Roma nel gennaio 82, aveva come slogan "Professionalità e lavoro.Quale senso? Quale progetto?". Le domande sono giustificate da un diffuso senso di malessere anche di quelli che il lavoro ce l'hanno. La nostra società "fondata sul lavoro" traballa non solo per crisi rigidamente economiche, ma anche etiche. Non è la fatica del lavoro che fa paura ma l'alienazione e la coercizione per cui il lavoratore si sente parte di un ingranaggio e non un responsabile. C'è l'espulsione dell'intelligenza dal lavoro. Il "tempo libero" è il tempo diverso dal lavoro che è considerato "tempo coatto". Tempo di lavoro e tempo di vita sono in opposizione.

Il compito dei cristiani è importante sia per frenare la tentazione del prometeismo
(così frequentemente condannato dalla Bibbia) sia per favorire la solidarietà e anche il "sabato" cioè la festa come spazio di libertà, di affetti, di cultura e di preghiera.

 "DE PROFUNDIS" ?
Di fronte agli attacchi del capitalismo internazionale e del neoliberismo che rosicchia i grandi risultati del passato operaio e di fronte alla massiccia repressione del movimento operaio organizzato, c'è chi non crede più efficace , come ha detto il Presidente Spadolini, le "liturgie di massa" e neppure gli operai ci credono. Ma questo non significa che i lavoratori non possano avere più mordente nell'incidere sull'economia mondiale e sui rapporti politici tra paesi. Chi sta recitando il De profundis sulle lotte operaie non potrà partecipare al nostro funerale. Noi abbiamo la forza e la pazienza di ricominciare da capo fedeli ai nostri compagni del passato e carichi di nuove responsabilità verso il futuro affinché il pane sia libertà e la libertà sia pane.


[1] Articolo per il mensile MISSIONE OGGI - maggio 1982