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29 Gennaio 2017 - 4a domenica tempo ordinario Preghiamo. O Dio, che hai promesso ai poveri e agli umili la gioia del tuo regno, fa’ che la Chiesa non si lasci sedurre dalle potenze del mondo, ma a somiglianza dei piccoli del Vangelo, segua con fiducia il suo sposo e Signore, per sperimentare la forza del tuo Spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen
Dal
libro del profeta Sofonia 2,3; 3,12-13
Sal 145 Beati i poveri in spirito.
Il
Signore rimane fedele per sempre rende giustizia agli oppressi,
Il
Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto,
Egli sostiene l’orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi.
Dalla
prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1,26-31
Dal
Vangelo secondo Matteo5,1-12a
UN DOLCE INDIGESTO
«Presi
quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo
sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle
viscere tutta l'amarezza» (Apocalisse 10, 10). I clienti di Dio. C'era la coda davanti al confessionale, quel giorno. Il mio amico prete, sbirciando dalla tendina viola, mi vide e accennò ad un saluto con un sorriso d'intesa. Quando fu il mio turno stavo per aprire il sacco, ma lui, con quella sua benevolenza disarmante, mi disse:«Tu hai più tempo di questa gente. Loro fanno fatica ad aspettare. Mettiti in fondo alla fila. Quando avranno finito tutti, toccherà a te». E il suo perdono arrivò dopo un'ora buona, quando tutti erano già andati, beati loro! C'è la coda davanti a Dio. Una coda di peccatori, idolatri e simulatori, come me. Siamo i suoi clienti. E Lui esce fuori da dietro la carne di Gesù e dice: «Avanti chi sta piangendo e chi ha fame! Lì a destra quelli che sono stati picchiati! Qui al centro, quelli che hanno zaini e borse troppo pesanti! Tutti gli altri, in fondo! Verrà anche il loro turno». Le Beatitudini narrano l’utopia realizzata nella vita di Gesù prima che essere un codice di comportamento per l'uomo/discepolo. Per chi, le Beatitudini? Un profilo alternativo di vita oltre che di fede. Per chi? Per una radicale conversione della struttura politica? Per una conversione della sfera privata? E' certo, in ogni modo, che la comunità cristiana è chiamata ad essere il luogo in cui “fin d’ora” si compiono le promesse messianiche ed escatologiche, diventando strumento credibile della buona notizia che Dio ama prima di tutto i più deboli fra noi[2]. Secondo una ricerca del 2015 l’Italia continua a essere uno dei paesi più corrotti d’Europa. Il dato emerge senza grandi sorprese, da Transparency International, l’organizzazione non governativa che ogni anno stila la classifica mondiale sulla corruzione pubblica percepita. Secondo il nuovo rapporto, l’Italia si colloca al 61esimo posto tra le 168 nazioni censite, penultima nella lista dei 28 membri dell’Unione Europea, dove si piazzano meglio del belpaese sia Grecia che Romania, mentre fa peggio la Bulgaria. Ciò, ed altro, contraddice nella pratica quanto la Lumen Gentium raccomandava ai cristiani: «dare testimonianza che il mondo non può essere trasformato senza lo spirito delle beatitudini». Provocatoria l'invocazione di un non cristiano, Roger Garaudy, che scriveva: «Uomini di Chiesa, restituiteci Gesù». Celebrare il volto di Dio nelle Beatitudini non può che portarci a discernere sapienze e insipienze della nostra vita. La Regula pastoralis di S. Gregorio Magno (590-604) sembra la prima enciclica sociale: «E' a torto che si giudicano innocenti coloro che reclamano a proprio uso privato i doni che Dio fece per tutti. Si rendono così colpevoli della morte dei loro fratelli. Quando diamo ai miseri le cose indispensabili, non facciamo ad essi donazione: restituiamo semplicemente ciò che è loro. E noi compiamo più un dovere che un atto di carità».
«Oggi
si è compiuta la promessa».
La meditazione Matteo. Beato: evoca la sensazione di benessere a seguito della benedizione di Dio. Il termine ebraico usato da Gesù è quasi intraducibile in lingua italiana se non ricorrendo ad una serie di parole. Fortunato: suggerisce l'idea di un colpo di fortuna, di qualcosa di bello che ci capita senza aver fatto molto per guadagnarcela. Felice: quando sopraggiunge la felicità, l'uomo si sente coinvolto in modo dirompente e duraturo fin nelle ossa. L’ebreo André Chouraqui nella radice del termine ebraico ashré scopre l’appello a camminare e quindi traduce “En marche! In cammino! Venite avanti!». Poveri. Luca per indicare la parola "povero" usa il termine greco "ptocòs" che indica i mendicanti, coloro che fanno gesti di implorazione e sono rannicchiati. Il termine non descrive solo una situazione nata dal destino, ma anche quella creata da altri. I poveri, allora, sono "gli impoveriti", i piangenti sono "quelli che vengono fatti piangere", gli affamati sono "quelli derubati del cibo di sopravvivenza". Il Gesù (soprattutto di Luca) non guarda se questi poveri sono buoni o cattivi, religiosi o bestemmiatori, puri o sporcaccioni: Dio si intenerisce per il semplice fatto della loro situazione oggettiva, al di sopra di ogni valutazione etica. E c'è un giudizio severo esplicito contro tutti gli altri ai quali Dio, paradossalmente, garantisce dei guai o, meglio, un lamento: "ahimè per voi...!". Mendez, quello che piange. L'evangelo non beatifica i piagnoni e i narcisisti che si piangono sull'ombelico. In Siracide 38,16-23 viene raccomandato di non lasciarsi vincere dal dolore. Dio consola quelli che fanno cordoglio, quelli che sanno appassionarsi seriamente alla vita ed agli altri, quelli che cancellano il riso beota dalle labbra e la futilità dallo sguardo. L'afflitto è colui che, come Gesù, sa rivolgere a Dio "preghiere e suppliche accompagnate da forti lacrime e grida"(Ebrei 5,7). Afflitto è colui che "nell'andare getta le sementi e cammina piangendo, ma nel tornare canta festoso e porta a casa il raccolto"(salmo 126): sono coloro che "sanno sognare". Afflitti sono quelli che cercano prima di tutto e appassionatamente il Regno di Dio. Afflitti sono anche quelli che noi affliggiamo. Dominga, affamata dalla rapina. «Non darmi povertà nè ricchezza. Nutrimi con il pane quotidiano, perchè non vorrei, per troppa sazietà, diventare infedele e dire "Chi è il Signore?" oppure non vorrei, essendo povero, andare a rubare e maledire il nome del Signore»[4]. Gli affamati sono anche quelli che hanno appetito della Parola di Dio (Amos 8,11-12). Ai poveri non viene detto di farsi giustizia da soli, ma si afferma che ad essi appartiene il Regno. Ma proprio da ciò scaturisce il loro diritto: poichè sono amati da Dio e appartengono al Regno, sono radicalmente ingiuste le emarginazioni. E' un invito a mettersi dalla loro parte, tendere ad una semplicità di vita abbandonata alla benevolenza di Dio ed alla generosità conviviale[5]. Il salmo 37 è un ottimo riferimento per pregare sulle beatitudini. E’ un appello caloroso ai diseredati a restare sempre dalla parte di Dio e della giustizia, a non invidiare gli empi. Le beatitudini, però, non sono un narcotico iniettato nella carne viva dei poveri. Al profilo della santità appartiene anche la non-violenza attiva: Paulo Freire[6] ha illustrato il tranello in cui possono cadere gli indeboliti: “ospitare” in se stessi l’oppressore, desiderare di assomigliargli. Vogliono la riforma agraria non per liberarsi, ma per divenire forse padroni di nuovi servi. E’ una situazione pericolosa: «Per poco non inciampavano i miei piedi perché ho invidiato i prepotenti vedendo la loro fortuna»[7]. Il Salmo invita i poveri a “seguire la via del Signore”, a «lasciar rotolare la vita nella direzione impressa da Dio» dove, in fondo, Lui farà vedere la sua salvezza: «E’ bene aspettare in silenzio la salvezza di Jahweh»[8]. Le macchinazioni degli uomini saranno liquidate dalla sapienza di Dio. Questa intuizione della vulnerabilità degli oppressori, diceva laicamente Freire, è importante per una dignitosa e operativa autocoscienza degli indeboliti. Nei racconti rabbinici si tramanda una parabola efficace: «Il mio rabbino mi ha spesso raccontato la storia di un ebreo fuggito, con la moglie e il figlio, all’Inquisizione spagnola. Era arrivato con una barca in prossimità di un’isola deserta, ma un fulmine colpì la moglie e un’onda trascinò il bambino in mare. Solo, nudo, flagellato dalla tempesta, l’ebreo si mise ad errare sulle rocce dell’isola, con le mani elevate verso Dio dicendo: “Dio d’Israele, sono finito; eppure voglio compiere i tuoi comandamenti e santificare il tuo nome. Ma tu hai fatto di tutto perché io non creda più in te. Pensavi di riuscire a tagliarmi la strada? Bene, allora ti dico, mio Dio, no, tu non ci riuscirai. Puoi colpirmi, prendermi i miei beni, quello che più mi è caro al mondo, puoi torturarmi a morte: crederò sempre in te, ti amerò sempre, tuo malgrado”»[9].
Beati i perseguitati dalle Tue parole.
[1]
Salmo 54, 7; 60, 5 |