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SCHEDA 3

LA COMUNITA’ : L’ UTOPIA DELLE ORIGINI.
(Atti 2, 42-47 ; 4, 32-35 ; 5, 12-16)

Atti 2, 42-47

Atti 4, 32-35

Atti 5, 12-16

Atti 2:42 Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.

Atti 4:32 La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.

Atti 5:12 Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;

Atti 2:43 Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.

Atti 4:33 Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia.

Atti 5:13 degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.

Atti 5:14 Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore

Atti 2:44 Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune;

Atti 2:45 chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.

Atti 4:34 Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto

Atti 4:35 e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.

Atti 5:15 fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.

Atti 2:46 Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore,

Atti 2:47 lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.

Atti 2:48 Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Atti 4:36 Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa «figlio dell'esortazione», un levita originario di Cipro,

Atti 4:37 che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.

 (segue il contro-esempio : Anania e Saffira, 5, 1-11)

Atti 5:16 Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

L’autore offre una panoramica generale su una situazione prima di riprendere il corso del suo racconto. I verbi sono al tempo imperfetto per dirne la durata e la reiterazione: «erano…vendevano…distribuivano…».

I. Lessico

* Barnaba (4, 36): il soprannome dato al levita Giuseppe di Cipro, significa letteralmente figlio (bar) del profeta (nabi), Luca traduce questo soprannome con "figlio della consolazione". In effetti, un " figlio di profeta ", cioè un profeta è un uomo di conforto in mezzo alle prove. Barnaba giocherà un ruolo importante come mediatore tra Paolo, appena convertito, e la Chiesa di Gerusalemme "(At 9, 26) e sarà uno dei più grandi missionari della Chiesa di Antiochia (At 13-14)
* "il timore" (2, 43): nel linguaggio biblico, non è la paura e il panico, ma il sentimento religioso di essere in presenza di Dio e della sua azione.
* Escatologico: ciò che riguarda gli “ultimi tempi”, la realizzazione finale della salvezza.
* Esseni: una delle tre correnti del giudaismo contemporaneo agli apostoli enumerate dallo storico ebreo Giuseppe Flavio: farisei, esseni, sadducei. Gli Esseni si erano distinti per la loro intransigenza nel rispetto della Torah. Una delle loro comunità è diventata famosa dopo la scoperta dei manoscritti di Qumran presso il Mar Morto.
* Levita : membro della tribù di Levi interamente dedicato al servizio del Tempio.
* Portico di Salomone: galleria colonnata che correva lungo la spianata orientale del tempio di Gerusalemme, aperto anche ai non ebrei; luogo di insegnamento di Gesù secondo Giovanni 10, 23, e ora luogo anche degli apostoli (At 3, 11).
segni e prodigi: espressione tipica per descrivere il potente intervento di Dio nella storia del suo popolo, specialmente durante l'Esodo.

II-Ora andiamo al testo

Laboratorio: tenere sott’occhio i tre “sommari” e cercare come si commentano l’uno con l’altro.

  • Il primo (2,42-47) enumera quattro “caratteristiche identificative” della vita ecclesiale (2,42) e sottolinea “l’essere insieme”;
  • Il secondo (4,32-35) concentra l’attenzione sulla comunione dei beni e le sue modalità;
  • Il terzo (5,12-15) focalizza uno sguardo sull’attività di guarigione degli apostoli, pur senza dimenticare la comunità.

1-      la “comunione” della prima comunità di Gerusalemme:
·    
Che cosa comporta il termine “comunione”?
·    
Quali sono i termini differenti attraverso i quali Luca la esprime?
·    
Quali sono le sue manifestazioni concrete?

2- identificate le caratteristiche della vita ecclesiale offerte dal primo sommario. Quale coerenza trovate con le altre?

3- l’attività degli apostoli: come si esprime? In che cosa rassomiglia a quella del ministero pubblico di Gesù?

 III. Domande per attualizzare

1-      Questo modello di comunità, che non è trasportabile tale e  quale, cosa ci suggerisce per il nostro oggi nella vita sociale e nella vita della Chiesa?

2-      Quale esperienza di comunione, di solidarietà, di condivisione stiamo sperimentando? Quali ostacoli, quali difficoltà, quali appoggi riscontriamo nella nostra comunione?

3-      Che senso diamo al termine “unanimi” (2,46) per la prima comunità? E per noi oggi?

 IV. Per pregare

Con l'Ascensione, Gesù  si nasconde per meglio raggiungere tutti noi dall'interno. A Pentecoste, manda il suo Spirito; è nella comunità, nella Chiesa, in comunione gli uni con gli altri che noi formiamo il Corpo di Cristo. Siamo il Corpo di Cristo. Ognuno di noi è un membro di questo corpo.  Ognuno riceve la grazia dello Spirito per il bene di tutto il corpo.

 Lettore: Dio ci ha chiamati tutti ad avere la stessa speranza,

 Rit. Per formare un corpo solo battezzato nello Spirito.
 Lettore: Dio ci ha chiamati tutti alla stessa santità, Rit
Lettore:  Dio ci ha chiamato tutti dalle tenebre alla luce, Rit
Lettore:Dio ci ha chiamati tutti all’amore e al perdono, Rit
Lettore:Dio ci ha chiamato tutti alla pace donata dalla sua grazia, Rit
Lettore: Dio ci ha chiamati tutti sotto la croce di Gesù Cristo,
Rit

 Celebriamo il SALMO 122 (121)

Che gioia quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!».
E ora i nostri passi si fermano alle tue porte, Gerusalemme.
Gerusalemme, città ben costruita, raccolta entro le tue mura!
A te salgono le tribù, le tribù del Signore.
Qui Israele deve lodare il nome del Signore.
Qui, nel palazzo di Davide, siedono i re a rendere giustizia.
Pregate per la pace di Gerusalemme.
Dite: «Sicurezza per chi ti ama, pace entro le tue mura,
prosperità nei tuoi palazzi!».
Per amore dei miei parenti e vicini io dico: «Pace su di te!».
Per amore della casa del Signore, nostro Dio,
voglio chiedere per te ogni bene.

 

V. Chiavi di lettura

1 - Quattro caratteristiche della vita della chiesa.

Il primo sommario enumera, a due a due, quattro caratteristiche specifiche della vita della prima comunità: la fedeltà nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, la frazione del pane e le preghiere. Questa vita è "assidua" e non è un singolo momento di emozione causata dall’entusiasmo della Pentecoste. Queste scelte si radicano nel tempo: “erano…”.

1 • - "L'insegnamento degli apostoli" abbiamo un esempio nel discorso di Pietro a Pentecoste (2, 22-36). Il cuore di questo insegnamento è il mistero pasquale. Non si tratta di teoria religiosa o morale (anche se ci sono conseguenze morali), ma di una persona e di una salvezza.

• 2 - "Comunione" è una parola complessa, non deve essere impoverita, riducendola ad uno o l'altro aspetto (spirituale, emotivo, dottrinale, materiale, liturgico ...). In questo sommario degli Atti copre tutto ciò che è manifesta lo "stare insieme" dei credenti. La traduzione di "comunione fraterna" ne rende bene la ricchezza del significato. Nel secondo sommario è espresso da "un cuore solo, un'anima sola" (4, 32), ma anche attraverso la condivisione dei beni. "Stare insieme" (2, 44,47 non significa soltanto "nello stesso luogo" (cosa non sempre possibile), ma "nella stessa unità". "Unanime" è un'altra parola familiare di Luca negli Atti a dire il comportamento dei credenti (2, 46, 4, 24, 5, 12, 8, 6, 15, 25).

• 3 - "La frazione del pane" è una manifestazione quotidiana di questa "comunione" (2, 46). Gesto rituale del pasto ebraico, ora designa il pasto istituito da Gesù durante l'Ultima Cena per commemorare la Pasqua (Lc 24, 35, 20,7.11 Atti, 1 Corinzi 10, 16). Si celebra "a casa" in piccole comunità, durante un pasto fraterno in un clima di gioia e di semplicità.

• 4 - "Preghiere": il termine è al plurale, si riferisce ai tre appuntamenti  di preghiera nel Tempio mattina, mezzogiorno e sera. Gli apostoli e gli altri credenti continuano ad andare al tempio per la preghiera (cfr. At 3: 1). Si crea un ritmo orante tra il "Tempio", che è ancora frequentato in continuità con la fede ebraica, e "le case" dove si celebra la frazione del pane e dove l'identità cristiana continuerà a crescere attraverso la celebrazione dell'Eucaristia.

 2 - La comunione dei beni.

Già annunciata nel primo sommario (2, 45), diventa più chiara nel secondo (4, 34-35), che si conclude con un esempio positivo (quello di Barnaba) e si apre su un contro-esempio ( la storia di Anania e Saffira, 5, 1-11).
Ci si è chiesti se questi racconti di comunione dei beni fossero una pura invenzione di Luca. In realtà, Luca non ha inventato, anche se ha generalizzato. C’erano già alcune premesse perché anche nelle sinagoghe avvenivano delle distribuzioni settimanali di aiuti. Anche gli esseni avevano una cassa comune. Nella comunità monastica di Qumran, era obbligatorio. Nella comunità di Gerusalemme, al contrario, la messa in comune dei beni era lasciata alla discrezione di ciascuno (5, 4). L'obiettivo era far fronte a qualsiasi povertà: "Nessuno tra loro era bisognoso" (4, 34). "Ciascuno riceveva secondo i suoi bisogni" (4, 35). Quello che era stata una prescrizione e una promessa di Dio a Israele nel Deuteronomio era diventato realtà: "Non ci sarà alcun bisognoso in mezzo a voi" (Deuteronomio 15, 15).
Per Luca, non sono gli "amici" che hanno tutto in comune, ma "coloro che erano diventati credenti" (4, 32), avevano un cuore solo (linguaggio biblico) e un’anima sola (linguaggio greco), per cui "nessuno considerava sua proprietà i propri beni" (4, 32). Luca sa che questa pratica non era durata. Ma nel suo Vangelo Gesù mette in guardia contro accaparramento della ricchezza e l'abbandono dei poveri. In Atti, egli si concentrerà sulla equità nella distribuzione degli aiuti tra le vedove degli ellenisti e le vedove degli Ebrei (At 6),  come pure sull'iniziativa della Chiesa di Antiochia per "i fratelli in Giudea" esposti a una grave carestia (sotto l'imperatore Claudio, tra 46 e 48, At 12, 27-30).

 3 -Testimonianza apostolica, vita comunitaria, gradimento da parte per il popolo

 L'attività degli apostoli è insieme "insegnamento" (2, 42), testimonianza alla risurrezione di Gesù (4, 33) e guarigione (2, 43 "segni e prodigi", "grande potenza", 4, 33) che confermano il messaggio di Pasqua (come mostrato nella narrazione del cap 3:. la guarigione del storpio alla Porta Bella). Il terzo sommario è quasi esclusivamente dedicato alla folla attratta dalle cure che vengono portate dall’ ombra di Pietro (5, 15). Si tratta di una riedizione del ministero pubblico di Gesù che ora continua nel ministero apostolico (guarigioni ed esorcismi, 5, 16). Come Gesù, Pietro  agisce e insegna.
Di questo gioco che unisce la testimonianza apostolica e la vita comunitaria ne sgorga un costante aumento nella comunità (2, 47, 4, 33, 5, 14), e questa è l'opera del Signore: è Lui che aggiunge nuovi membri della comunità (2, 47). "Una grande grazia era sopra tutti loro" (4, 33). La Chiesa nella sua nascita e crescita non è "un logico risultato delle sue premesse", ma un'opera della grazia. Luca ha sottolineato il “favore” con cui erano accolti i credenti  da tutto il popolo (2, 47). Egli arriva perfino a parlare di "timore"  (2, 43) ossia di rispetto profondo (5, 13) che suscitano quando stanno insieme attorno agli apostoli sotto il portico di Salomone, perché sono loro ora i portatori della presenza divina; da qui scaturisce il timore religioso per loro. L'intreccio di questi temi è molto significativo: il Vangelo proclamato dagli Apostoli si basa sul nuovo stile di vita che essa crea. La testimonianza apostolica della resurrezione di Gesù non può essere isolata dalla testimonianza della vita comunitaria ispirata dallo Spirito: "Siamo testimoni di questi eventi, noi e lo Spirito Santo che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui" (gli apostoli, e tutti noi, credenti che obbediamo a Dio per la fede, la conversione e la comunione) (5, 32).

 4 - Frattura.
Non abbiamo tempo di commentare qui la storia abbastanza popolare di Anania e Saffira. Diciamo che il primo difetto che si rivela - in realtà in piena crisi esterna (la persecuzione degli apostoli) - è la menzogna alla Chiesa - e quindi allo Spirito, dice Pietro - di Anania e sua moglie sulle questioni di denaro. E 'anche la prima volta che appare nel racconto degli Atti la parola "chiesa". Una coppia, una bugia: la storia del primo peccato nell’Eden si sta ripetendo, ma ora nella Chiesa.
 

VI. Per andare più lontano

1 – La prassi sociale dell'antico Israele. 

I Codici dell’Alleanza di Israele (Es 21, Dt 15) hanno rappresentato un tentativo di recupero dalle derive trascinate dallo sviluppo della società urbana ed agricola, dove non si viveva più la solidarietà vissuta quando furono nomadi nel deserto. Amos, Isaia, Michea denunciano gli accaparratori che vogliono diventare gli unici proprietari, i soli occupanti del paese, la terra data in modo indiviso da YHWH al suo popolo. I più piccoli si indebitano e sono costretti ad alienare le loro terre, e i loro figli, e le loro persone (2 R 4). Perdita di identità dei membri del popolo di Dio. La "frattura sociale" non è nuova. Ecco i principali riferimenti : 

il rilascio di schiavi (Esodo 21: 1-11): disposizione che consente a uno schiavo ebreo di ritrovare la libertà - che aveva dovuto alienare a causa dei debiti - il settimo anno, dopo sei anni di lavoro. Egli non è obbligato a rimanere schiavo per tutta la vita.
• "Riposo della terra": i campi vengono lasciati incolti ogni sette anni a favore dei i poveri (Es 23,10)
• "Anno di remissione" (Dt 15,1-18) ogni sette anni, durante la Festa dei Tabernacoli, viene proclamato la remissione degli voti e dei debiti e la liberazione dello schiavo ebreo, maschio o donna. Questa pratica è un memoriale che attualizza la liberazione dall'Egitto (15.15: Ti ricorderai). E’ nel contesto di questa pratica che Deuteronomio esprime sia un dovere che una promessa "non ci sarà alcun bisognoso in mezzo a voi" (nel vostro popolo), Dt 15, 3. Confronta con At 4, 34.
 • "il Giubileo" (Levitico 25): ogni cinquanta anni, ogni figlio d'Israele trova la sua libertà e il proprio patrimonio che rappresenta la sua quota nel popolo di Dio; la disposizione, di difficile attuazione, ha ricevuto una interpretazione spirituale. Gesù ne fa il simbolo dell'emancipazione dei poveri che il suo ministero inaugura (Lc 4, 16-21); è l'anno della "grazia" di Dio: ognuno è ben accolto da lui, qualunque sia la situazione disagio (fisico, sociale, religioso).

2 – La prassi della società ebraica al tempo degli apostoli.
 Le sinagoghe non erano solo un luogo di preghiera e di studio, erano anche luogo di distribuzione settimanale di aiuto ai poveri. Possiamo paragonare la condivisione della chiesa a Gerusalemme  con la prassi sociale degli Esseni di Qumran (un movimento del giudaismo, che ha anche seguaci nelle città, non solo nel deserto di Qumran, e che pretende di rappresentare l’autentico Israele attraverso una rigorosa fedeltà alla Legge di Mosè). "Essi disprezzano la ricchezza, e la comunione dei beni è ammirevole: è impossibile trovare tra loro uno che si distingua per il proprio benessere. E 'consuetudine che coloro i quali entrano in questa comunità consegnino le loro proprietà a beneficio dell'ordine, in modo che in nessuna di esse si manifesti una qualche degradante povertà o una insolente ricchezza; i beni  di ciascuno sono messi in comune e tutti, come fratelli, hanno un’unica ricchezza".